Quanto inquina (davvero) Bitcoin?

Il Report sul primo trimestre 2022, compilato da parte del Bitcoin Mining Council, fornisce una breve ma esaustiva analisi del reale consumo energetico dovuto al mining della rete Bitcoin.

WΔRWINNER
4 min readApr 27, 2022

Nelle scorse settimane, un argomento che ha tenuto banco durante i lavori della Commissione Europea, infiammando il dibattito su social e testate giornalistiche di settore, è il presunto consumo energetico spropositato, dovuto alle operazioni di mining della Crypto.

Ma siamo proprio sicuri che Bitcoin inquini cosi tanto?

Image: Eco-friendly Crypto Protocols | Silicon Republic

Cos’è il Mining?

Partiamo da un concetto base, espresso in termini volutamente semplicistici, e rivolto soprattutto a chi si affaccia adesso al mondo delle criptovalute.

Il Mining è quell’insieme di operazioni utili alla convalida delle transazioni sulla rete Bitcoin. Il modello di consenso del network, infatti, si basa sulla cosiddetta Proof of Work. Questa prevede che dei computer potentissimi riescano a risolvere una complessa equazione matematica nel minor tempo possibile, in modo da validare gli scambi sulla rete principale e venire dunque ricompensati per il lavoro svolto, con la creazione di nuova moneta: il BTC.

La parola Mining deriva infatti dal verbo To Mine, che in inglese significa letteralmente “estrarre” e, fino a pochi anni fa, veniva utilizzato per fare riferimento alle operazioni di estrazione di oro ed altri metalli preziosi.

Il dispendio energetico

Il costo necessario per minare Bitcoin, sostenuto dai nodi validatori della rete, è suddiviso fra 1) il costo di acquisto degli ASIC, hardware specifici dediti alla risoluzione delle equazioni crittografiche, e 2) la quantità di energia necessaria al loro funzionamento.

In particolare, è proprio su questi costi di esercizio che si sono concentrate molte critiche nel corso degli ultimi anni, che nelle scorse settimane si sono riaccese: La Commissione per gli Affari Economici del Parlamento Europeo, ha infatti preso in esame un documento, avente come oggetto la proposta relativa al ban delle operazioni di mining, all’interno dei confini dell’Unione Europea.

La motivazione a supporto di questa richiesta, che rientra all’interno di un piano più complesso, volto a regolamentare la finanza digitale, chiamato MiCA, è l’elevato costo di energia che le operazioni di mining comportano, unitamente all’alto livello di inquinamento e CO₂ emessi in atmosfera.

Ma è davvero così?

Il Report

Un Report sul primo trimestre del 2022, pubblicato dal Bitcoin Mining Council lo scorso marzo, mostra come la realtà dei fatti sia ben diversa da quanto fatto emergere in Commissione Europea.

Secondo le stime della piattaforma, infatti, il costo dell’energia necessario a far funzionare la rete Bitcoin sarebbe pari a soli 247 TWh (TeraWatt/ora) su base annua, ossia soltanto lo 0.16% dell’intero consumo di energia mondiale.

Image: Global Bitcoin Mining Consumes - Energy Production | Bitcoin Mining Council

Ancor più importante è il dato riguardante le emissioni inquinanti di CO₂ in atmosfera. Basandosi sul parziale utilizzo di fonti energetiche rinnovabili e considerando l’efficienza energetica degli ASIC, le emissioni di anidride carbonica risultano, in proporzione, addirittura più basse delle aspettative.

Infatti, come mostrato anche nel diagramma seguente, il funzionamento del network emetterebbe un totale di soli 0.03 BMt (miliardi di tonnellate) di CO₂ in atmosfera, contro i 34.8 BMt che si stima saranno emesse a livello globale. Questo porta l’incidenza del mining di Bitcoin a solo lo 0.085%!

Image: Global Bitcoin Mining Consumes - CO₂ production | Bitcoin Mining Council

Il report prosegue poi con varie comparazioni fra i consumi di energia del Network e quelli delle principali nazioni produttrici al mondo, facendo un confronto puntuale su quante di queste si impegnino ad oggi a diversificare l’approvvigionamento da fonti energetiche rinnovabili e quali, invece, siano ancora ferme all’uso di combustibili fossili altamente inquinanti.

Tra tutti i grafici e dati, liberamente consultabili presso il sito del BMC, uno ha attratto la mia attenzione: L’istogramma comparativo tra il consumo di energia speso sulla rete Bitcoin e il consumo energetico in vari settori ed attività di uso comune.

Image: Global Bitcoin Mining Consumes | Bitcoin Mining Council

In particolare, si può notare come il consumo di 247 TWh su base annua, rappresentato in verde sulla parte sinistra del grafico, sia pari a:

  • 1/2 dei consumi necessari all’estrazione di oro,
  • 1/12 dei consumi degli elettrodomestici nei soli USA,
  • 1/60 dei consumi derivati dall’uso di mezzi di trasporto su gomma.

Alcune considerazioni

I detrattori della tecnologia blockchain, ed in particolare del meccanismo di consenso basato sulla Proof of Work, hanno fatto notare come molte delle attività elencate nel Report, spesso equiparate per consumi al mining della ormai nota criptovaluta, abbiano maggior valore intrinseco e servano l’intera comunità in modo più efficace.

Queste affermazioni non tengono però conto del fatto che, nel momento in cui si scrive, la capitalizzazione di mercato del solo Bitcoin è pari a quasi 800 miliardi di dollari, poco meno dell’1% dell’intera ricchezza mondiale!

In tal senso fa sorridere, secondo il modesto parere di chi scrive, notare come il costo necessario a rendere sicura, decentralizzata e trasparente una delle maggiori reti di scambio di valore al mondo sia all’incirca pari al costo di energia spesa per gli addobbi natalizi, che nel 2021 ha superato i 200 TWh.

Dunque, su quale delle due varrebbe la pena investire più energia?

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WΔRWINNER

Vinciguerra all’anagrafe, Warwinner per amici e non. 30 anni, una laurea in Ingegneria e una passione per Crypto, Blockchain e robe belle del Web3.