Pi Network: Scam a costo zero?

Viaggio alla scoperta di uno dei progetti più controversi del cripto-spazio recente, analizzando pro e contro di quello che, a detta dei suoi detrattori, è uno “Schema Ponzi gratuito”. O quasi.

WΔRWINNER
5 min readMar 10, 2022

Nel corso degli ultimi mesi, durante la mia ricerca di analisi tecnica sul mondo fintech, più volte mi è capitato di imbattermi in quello che si propone di essere un vero e proprio game-changer del mondo cripto.

Il Progetto.

Sto parlando di Pi Network, un protocollo di Cloud Mining su telefono che si pone l’obiettivo di rendere accessibile, e gratuito a tutti gli utenti, il costoso ed energivoro mining di Criptovalute.

Entrare a far parte di Pi Network è relativamente semplice:
- Si scarica l’App per Mobile,
- Si inseriscono i proprio Dati,
- Si “skippano” un paio di Pubblicità,
- Si preme un bottone dedito al mining di Pi,
- Si accumulano i Pi, la criptovaluta del protocollo,
- Si invitano altri utenti al Network, guadagnando ulteriori Pi,
- Si ripetono giornalmente i passaggi precedenti, per massimizzare Pi.

Facile, veloce, intuitivo e apparentemente a costo zero. Apparentemente.

Image: Coinposters.com | Pi Network logo

Il Costo Intrinseco.

Secondo molti però, queste azioni sono tutt’altro che esenti da costi.
Seppur, infatti, non sia richiesto il pagamento di alcuna sottoscrizione, sono i dati degli utenti ad essere moneta di scambio, venendo ceduti agli Advertiser, in cambio di un compenso economico per i suoi developer. Nome, e-mail, data di nascita, ma anche indirizzo, numero di telefono e persino una propria foto, sono i dati che il network richiede, sfruttando il principio della web-economy:

Se il prodotto è gratis, ciò che viene venduto sei Tu.

Ma venduto a chi?
Il Team del progetto Pi Network, stando alle informazioni contenute nel sito, è formato da due PhD researcher della Stanford University, anche se su LinkedIn l’azienda conta oltre 200 “dipendenti”. Il virgolettato in questo caso è però d’obbligo, in quanto analizzando la maggior parte di questi profili, si può notare come essi ricoprano spesso il ruolo di Trading Investor o Ambassador.

Internet funziona così. O no?

Molti potranno obiettare che, in realtà, funziona così ovunque: Quando ci si iscrive ad un qualsiasi social network, si forniscono i propri dati basilari alla piattaforma, come ad esempio il proprio nome o l’indirizzo e-mail.
La differenza sostanziale tra un generico Instagram e Pi Network, è che mentre il primo permette di creare, condividere e apprezzare gratuitamente contenuti quali foto e video, il network di Pi si propone di dare un tornaconto economico agli utenti per il loro tempo, inducendo così un meccanismo di action-reward fittizio che viene esasperato in dinamiche del tutto simili allo spam, con gli utenti che ricevono giornalmente avvisi sul telefono, nel caso in cui abbiano dimenticato di cliccare il fatidico bottone di mining.

Image: Reddit.com | Pi Network KYC Process

Sia ben chiaro, chi scrive non giustifica e anzi condanna, la diffusa pratica del Data-selling, comune a tutte le piattaforme social e digitali moderne, ma crede al contempo sia importante che gli utenti siano in grado di valutare il rischio che la cessione dei propri dati comporta, soprattutto se forniti ad entità terze sconosciute, in cambio di un token che ad oggi è inutilizzabile.

Rimane infatti un mistero su quale sia il fine ultimo di Pi Network che, lanciato nel Marzo 2019, ad oggi conta un numero di utenti superiore a 1.000.000, senza però avere un singolo caso d’uso reale: Il token Pi esiste solo nei wallet degli utenti del network (i cosiddetti Pioneers), impedendone l’utilizzo al di fuori della stessa App; Pi non è listata su alcun exchange, non può essere scambiata con nessun asset digitale e piattaforme di cripto-analisi quali CoinGecko e CoinMarketCap, contenenti anche dati riguardanti progetti nati di recente o poco capitalizzati, non hanno informazioni riguardanti Pi.

Image: Medium.com | Kyle

Il ruolo della Community.

Ad oggi, gli utenti del network continuano a promuovere il suo utilizzo e si prodigano nell’invitare a far lo stesso amici e parenti, nella speranza di una sua futura adozione. Se si cerca su Google le parole chiave Pi Network, si viene inondati da una miriade di informazioni: Articoli nei quali si spiega il processo di registrazione, passo dopo passo, e che illustrano audaci (e mai confermate) collaborazioni tra il Team e magnati del settore tech, Bill Gates ed Elon Musk su tutti. Esistono persino video su Youtube, con influencers e content creators che, sbilanciandosi in previsioni future, illustrano come il token arriverà ben presto a superare persino l’adozione di Bitcoin.

Insomma, i token Pi vengono ricevuti gratuitamente e senza troppa fatica: easy money, verrebbe da dire. Ma siamo sicuri lo siano davvero?
Al di là infatti del dilemma etico, per il quale si svende la propria identità digitale per un mero tornaconto personale, l’ammontare di questo ritorno economico potrebbe lasciare delusi in molti. Immaginando infatti un futuro listing, è facile prevedere come tutti gli utenti che da anni accumulano Pi, si riversino sugli exchange per convertirli in valuta fiat e ricavarne il maggior guadagno possibile. Questa dinamica farebbe crollare la valutazione del token, lasciando nelle mani dei Pioneers, ben poco di cui rallegrarsi.

Un’ultima riflessione.

Questo articolo non si pone come portatore di verità assolute e lascia quindi al lettore, la valutazione personale sugli elementi oggettivi riportati.
Se però è vero che al giorno d’oggi si spendono molte ore sui social network e che quindi l’impatto di Pi e protocolli similari, sia minimo sulla nostra privacy; è altrettanto giusto chiedersi se sia necessario impegnare tempo e risorse in pratiche di questo tipo o se non sia meglio investire le proprie energie nello studio del settore dei crypto asset e digital money, ben distanti dall’essere easy.

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WΔRWINNER

Vinciguerra all’anagrafe, Warwinner per amici e non. 30 anni, una laurea in Ingegneria e una passione per Crypto, Blockchain e robe belle del Web3.